Silenzio

Si chiude in silenzio il giorno su di un’altra giornata tragica.

Ancora una volta sento dire che siamo in guerra. Ancora una volta tutti siamo qualcun’altro. Charlie Hebdo, Paris, Ankara, oggi Bruxelles.

Eppure non mi sento parte di questo mondo che alza barricate, che inneggia alla pulizia etnica, che la fa semplice. Non c’è niente di semplice né di giusto nello scontro di due mondi resi uguali solo dalla minaccia e dalla paura della morte.

Vorrei che si facesse silenzio.

Non il minuto sterile di quando ormai si è perduto, ma nel raccoglimento, quello vero, dei pensieri. Per cercare di capire. Per sentire con il cuore.

Vorrei che le testate giornalistiche togliessero i titoli in grassetto, rimuovessero le immagini con il sangue, coprissero l’audio con le urla dei bambini. Non per censura, ci mancherebbe!, ma perché non ci serve a nulla moltiplicare l’orrore.

Ci stiamo già sguazzando nell’orrore e, a furia di nuotarci dentro, finiremo per abituarci alla disumanità.

Quella che ci fa tornare indietro di 70 anni a un’orribile shoah senza nemmeno sapere da che parte siamo. A turno vittime e carnefici, semplici burattini delle nostre incontrollate emozioni.

 

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